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Ornella guardava: e sul suo viso il corruccio si scioglieva in un sorriso traversale, beffardo e quasi crudele. Ella infatti, mentre Antonio si rimetteva a sedere, allungò il piede e schiacciò il ragno. Solo il maestro si accorse del delitto e non disse nulla.

La bambina s’era un po’ assonnata, e i racconti di avventure giovanili che il padre continuava a ricordare non la divertivano: ricominciò a ridere solo quando egli, dopo aver bevuto, fece finta di suonare il violino, con la testa reclinata sul braccio che sosteneva l’invisibile strumento, e pizzicandone le non meno invisibili corde ne imitò con la voce il suono. Poi egli finse di deporre sulla tavola lo strumento, e riempì ancora il bicchiere.

— Questo lo porteremo alla mamma; che beva anche lei per il nostro affare.

Allora Ornella scattò.

— Ma non ne vuole, lo sai.

Gli occhi di lui corruscarono feroci.

— Ornella! Portaglielo tu, anzi.

Ella obbedì; ma tornò subito col bicchiere pieno ove ancora tremolava il velo della spuma.

— Bevilo tu, allora.

Lei non beveva mai, almeno in presenza degli altri: tuttavia vuotò il bicchiere, in tre sorsi; e il vino parve diventare fuoco sotto la sua pelle che si tinse violentemente di rosso.