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come i gatti, morsicandosi e maltrattandosi a vicenda.

Ne parlò a Marga, quando Ornella andò fuori.

Col viso acceso da un subito furore la donna chiamò la bambina e cominciò a sgridarla aspramente, quasi lei sola fosse la responsabile; e l’avrebbe percossa, senza l’intervento del nonno.

— Non così, non così, — egli disse con angoscia; e strinse a sè la bambina e lui stesso parve rifugiarsi in lei, mentre Marga impallidiva e gli occhi le si velavano di dolore. Tutti e tre tacquero come sorpresi da un turbine che tentava di portarli via e li atterriva più che per questo per il mistero della sua violenza perversa.

Con la voce assonnata dei giorni di febbre Marga cominciò a scusarsi.

— Che vuole? Le persone ignoranti sono tutte così, come quella ragazza, un po’ bestie: non capiscono e bisogna compatirle perchè sono disgraziate anche loro. Ornella è fra le meno peggio, e vuol bene alla bambina: le vorrà bene a suo modo, ma le vuol bene. Non è vero, Ola? Quando tu eri piccola, — aggiunse, scusandosi anche con lei, — ti ricordi di quell’accidente della Tonina? Ti picchiava se ti sentiva piangere e si beveva il latte destinato alla tua pappa. Ornella al contrario è capace di attraversare un bosco di notte se tu non ti senti bene e c’è bisogno del dottore.