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Nei giorni in cui Antonio era fuori e Marga a letto, un silenzio profondo incrinato appena dai trilli di Ola, regnava nella casa che la primavera inoltrata schiariva e scaldava. Veniva dal mare e dai prati della spiaggia tutti coperti di giunchi e dei fiori del croco, un odore sano che dava al maestro un senso di gioia quasi fisico. Gli pareva di ringiovanire.
Anche la sua cameretta sembrava un’altra. Da sè egli ne aveva tappezzato le pareti con una carta chiara, dorata come se vi battesse il sole, e qualche quadretto e due tappeti di poco valore ma a forti colori le davano un aspetto signorile.
Non mancavano mai i fiori, per lo più campestri, in un boccale paesano adattato a vaso.
Mentre lui scriveva o leggeva, Ola si sdraiava ora sull’uno ora sull’altro tappeto, intenta a decifrarne i disegni seguendoli con la punta del dito e a parlare sottovoce fra sè. Il gatto le contrastava il posto e a sua volta allungava la zampetta verso il dito lei, tentando di graffiarla per giuoco; anche al cane era permesso di entrare, purché non si prendesse confidenza;