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i giorni in cui Marga aveva la febbre. Pareva che ella cadesse abbattuta, più che altro, dalla fatica esasperata e dall’agitazione dei giorni di salute, come chi dopo lunghe veglie cade in un sonno profondo. In quei giorni il maestro s’era fatto il dovere e l’abitudine di non abbandonare la casa e la bambina. A questa insegnava a leggere e scrivere, constatando che mai il còmpito di insegnante, gli era apparso più difficile.
Ola ricorreva a tutti i sotterfugi per sottrarsi al suo dovere: all’ora della lezione diventava sorda e muta e si faceva cercare a lungo prima di decidersi a saltar fuori dai suoi nascondigli; poi aveva sempre qualche malanno, all’ora della lezione: le faceva male la pancia, o un piede, o addirittura la mano che doveva impugnare la penna.
E quando ebbe imparato bene o male l’O, se ne servì per metterci due piccoli occhi, una bocca storta, due zampette sotto, e farlo vedere a Ornella come il ritratto del nonno.
E poichè questi le disse:
— Va là, in fatto di studio sei una zuccona come tuo padre, — prese un pezzetto di zucca e glielo mise sotto il guanciale; e quando lui protestò, rispose:
— È un pezzo della mia testa.