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come ancora irrigidite dal fresco buio della cantina, e Marga e Antonio gareggiavano, invitandosi e incoraggiandosi a vicenda, nel far loro onore, e qualche amicone di casa veniva per rinforzare la buona volontà di quei due.

Dopo che aveva bevuto, Marga si acquietava stranamente, immobile e muta davanti alla tavola, solo di tanto in tanto ravviandosi d’istinto i capelli; i suoi occhi pieni di un languore di sogno e il suo viso fine illuminato come da un riflesso di tramonto, si facevano bellissimi; pareva l’immagine della felicità. Antonio invece, di solito durante la giornata affaccendato taciturno e quasi sgarbato, diveniva espansivo e spaccone. Tutto gli andava bene, nel mondo, secondo lui, e meglio ancora doveva andare in avvenire.

— Quando si ha questa testa e questo cuore e si deve lavorare per questa creatura tutto deve andar bene, per Dio Santo.

Un pugno alla fronte, uno al petto, la mano tesa teatralmente verso Ola, e l’accento mutevole, energico, tenero, minaccioso, davano forza alle sue parole. E il ridere di Ola e i suoi occhi brillanti gioia e malizia, illuminavano la tavola intorno alla quale il maestro, nonostante le liete apparenze, si ostinava a vedere un alone di ombra.

Più quieti, sebbene velati di melanconia, erano