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il pescatore spera di prenderne altri: si contratta, dunque, mentre la vittima continua dentro il cestino la sua danza scintillante e disperata, e i suoi grandi occhi cerchiati di corallo si appannano come quelli di un annegato. Poi piano piano i suoi salti diventano più lenti e brevi; il corpo attorcigliato si distende, cala in fondo al cestino e vi si adagia di traverso, infine, dopo un ultimo guizzo, ricade e giace inerte, col ventre che impallidisce e le pinne che si ripiegano come piccoli ventagli.

— È morto, — annunziano i bambini. Il pescatore lo avvolge nel lenzuolo funebre di un giornale e lo porge al compratore. E così se ne vanno, il nonno e la bambina, lungo il molo pieno di sole: li segue il cane, che ha assistito a tutta la scena senza però interessarsene troppo perchè a lui il pesce non piace nè crudo nè cotto.


La palizzata del molo finiva nella strada che costeggia il canale, e questa d’un tratto si allargava in uno spiazzo circondato d’alberi e ingombro di legnami. Era il cantiere dei marinai e assieme la piazza del mercato del pesce.

Ola tirò il nonno laggiù, e d’improvviso gli scappò di mano per correre verso un gruppo di uomini e donne fermo davanti alle ceste del pesce. Il padre era in mezzo, col cappello sollevato sulla fronte e la cravatta, smagliante come