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del fatto suo. Li conosceva tutti e tutti la conoscevano; anche dei cagnolini e dei gatti delle barche sapeva i nomi, e salutava tutti con vaghi sorrisi e cenni della testa.

Così costrinse il nonno a fermarsi a guardare un pescatore alla lenza, sapendo di offrirgli uno spettacolo interessante. L’uomo, vestito civilmente, sedeva sull’orlo della banchina con in mano una canna dalla quale pendeva il filo che andava a immergersi nell’acqua; stava immobile, a capo chino, e pareva pregasse, «Signore, Dio mio, mandatemi su un bel pesciolone, che io possa portarlo a casa e farlo friggere e mangiarlo in famiglia, amen.»

Altri bambini guardavano, silenziosi, e nel viso di tutti c’era come l’attesa di un grande avvenimento.

Anche il nonno si lasciò prendere dalla curiosità, quasi dall’ansia comune: e pensò che quell’occupazione era buona forse anche per lui.

Un brivido scosse l’onda intorno al filo e questo si immerse meglio, di sua iniziativa, nel buco dell’acqua: l’uomo sollevò subito la canna e la bocca dei bambini si aprì come per ricevervi il pesce già bell’ e cotto: poi un sorriso di delusione e anche di beffa per il pescatore passò sul viso di tutti: poichè in cima al filo si dondolava solo, appiccato all’amo, brillante come