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di essere bisognoso di affetto, e buttava pezzetti di pane che l’animale prendeva a volo con la lingua rossa mentre sulla sua schiena la macchia nera luceva come di velluto e tutto il dorso gli vibrava di gioia e riconoscenza.

Il gatto invece sdegnava di avvicinarsi: amava i cibi forti e aristocratici, lui, e adesso, adagiato su di una sedia, con le zampe e la coda in dentro, immobile come una piccola sfinge di marmo tigrato, aspettava il ritorno di Ornella dalla spesa.

Il maestro amava molto questi quadretti domestici: ci si sentiva dentro come in una atmosfera biblica, e respirava meglio.

La figura agitata di Marga, col vestito scolorito e trasandato che però non nascondeva l’eleganza naturale del bel corpo flessuoso, coi capelli in disordine intorno al viso argenteo mobilissimo, contrastava con l’ambiente ingenuo: ed egli sentiva che la gioia di lei era un po’ come le sue parole; un velo iridescente che ella scuoteva davanti agli altri per ingannarli e ingannarsi.

Quando Ornella tornò dalla spesa e la tavola fu ingombra di cartocci e di verdure ancora umide d’orto, e qualche tazza si rovesciò e il gatto saltò su alla ricerca insistente della carne, ella diventò un po’ nervosa. Respinse Ola che frugava anche lei fra i cartocci e ne faceva