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accorsero scarmigliate come due streghe, il cane non ebbe più ritegno e cominciò ad abbaiare ma come protestando contro tutto quell’inutile movimento.

— Signora, — dico a Marga, — io avrei ordine di visitare la terrazza della sua villa perchè pare che, a insaputa di lei, qualcuno riesca a deporvi merce di contrabbando.

Lei non protestò, non oppose resistenza; mi fece dare la chiave della terrazza e ordinò al contadino di accompagnarmi: io dissi che era necessaria la sua presenza ed anche lei venne su con noi. Naturalmente non si trovò nulla; osservai però che sulla terrazza si apriva una porticina della soffitta e pregai Marga di aprirla. Lei mandò giù l’uomo a prendere la chiave. Rimasti soli, io me le inginocchiai davanti e le chiesi perdono.

— È lei il contrabbando che cercavo; ho pensato questo mezzo per vederla perchè non mi riusciva in altro modo.

Lei da prima si scostò impaurita, poi rise forte e disse in dialetto:

— Quanto è scemo e imbecille!

Eppure, quando tornai a cercarla di pieno giorno, mi ricevette, non solo, ma inviò la servetta per una commissione onde restar soli e parlare a nostro agio.