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bianco e per servire a tavola si piegava come i camerieri nella trattoria dello stabilimento balneare. Un alone fantastico circondava la tavola, e lei provava il sentimento di uno spettatore in teatro quando nella scena la realtà è capovolta e pure prende il cuore più che la realtà vera.
Il nonno parlava, interrompendo il suo lento mangiare, con la sua voce sorda e come pietrosa; non erano grandi vicende, ma insomma erano cose ancora non sapute, non sentite mai, e le esclamazioni e le interruzioni del padre, che dimostrava non meno di lei d’interessarsi al racconto, lo colorivano meglio.
Poi cominciò a raccontare anche lui, il padre: erano cose note, queste, ma raccontate da lui parevano nuove, anche perchè realmente avevano particolari e rafforzamenti finora non conosciuti. Una o due volte ella ebbe desiderio di mettere le cose a posto, ma non osò.
Il maestro a sua volta ascoltava, e guardava il figlio come lo vedesse la prima volta: e quel senso di distanza che aveva provato al suo arrivo nel trovarsi solo davanti alla stazione tornava ad attraversargli l’anima: di nuovo però la presenza della bambina colmava questo spazio desolato.
— Ti sei irrobustito, — disse guardando i polsi forti e poi la testa possente del giovane, — ti sei fatto uomo.