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— Ho da fare, stanotte, e non voglio cadere nel fosso, — disse con la sua grossa voce, e mandò giù il vino, d’un botto, come lo versasse dalla finestra.

— Uno anche per me, disse galantemente Proto, alzandosi e porgendole il bicchiere pieno.

— Pazienza, — rispose lei, e prese il bicchiere fra le sue piccole mani come volesse riscaldarsi o riscaldare il vino. — Mi farà male sul serio.

Allora Gesuino sollevò il suo testone la cui ombra riccioluta si agitava sulla parete come quella di un albero spinoso; e pronunziò la sua sentenza:

— Perchè il vino non faccia male bisogna berne tre bicchieri.

— Già, in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

— Amen, — rispose serio il contadino: e porse pure lui il suo bicchiere pieno. — Se non beve mi offendo.

— Sa che c’è, — intervenne il maestro, allarmato per la sicurezza della levatrice, — perchè il vino non faccia male, bisogna mangiare qualche cosa. Si metta a sedere.

— Ho da fare, le dico, — gridò la donna. Ma Proto si alzò, la prese per le spalle, e la costrinse a sedersi. Il maestro le mise davanti una fetta d’arrosto, il pane, il sale; e lei rimase lì fino a tarda ora.