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cuccia molle che le succhiava tenacemente il capezzolo e le faceva male come se la mordesse, pur destandole un senso di voluttà, non dovesse più staccarsi da lei. E sentiva che se qualcuno avesse tentato di strapparle dal seno la creatura, per difenderla ella si sarebbe trasformata immediatamente in bestia feroce.

Infatti, quando Antonio si piegò sul giaciglio, ed ella ricordò i cattivi progetti di lui, gli occhi le brillarono d’odio.

Antonio però non pensava a fare scene sentimentali; anzi il disamore per la madre e il figlio gli traspariva dal viso corrucciato; sua sola preoccupazione, per il momento, era che il maestro non lo credesse avaro e disimpegnato, e quando furono di nuovo giù, nella stanza dalla quale Proto s’era prudentemente assentato, volle offrire altro denaro.

— No, no, — disse il maestro, respingendo con ripugnanza anche la mano che glielo porgeva. — Basta!

Era un basta che significava altre cose; Antonio lo intese e insistè:

— Del resto tornerò fra tre o quattro giorni: avrò trovato dove collocarli e se Ornella sarà in grado di muoversi tutto sarà finito.

Il maestro non rispose, e quando Antonio se ne fu andato, ricordò l’ultima volta che lo aveva veduto prima della sua fuga da ragazzo.