Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 265 — |
Il dottore se n’era andato assicurando che il parto doveva avvenire verso l’alba, e che lui stesso s’incaricava di costringere la levatrice a fare il suo dovere.
Le ore passavano. I due contadini si davano il turno presso il maestro: nessuno parlava, come se invece di una partoriente si vegliasse un morto.
E anche in quella faccenda i due fratelli erano gelosi l’uno dell’altro, non tanto per la donna quanto per la loro premura verso il maestro: quando arrivava Gesuino, che nonostante il suo brontolare e le sue violenze era il più debole dei due, avveniva sulla soglia un muto conflitto: Proto lo guardava minaccioso, respingendolo, e solo l’accorgersi che il maestro osservava, gl’impediva di mandar via sul serio il fratello.
Gesuino entrava trionfante, e Proto allora se ne andava arrabbiato, deciso a non tornare più.
Verso l’alba la pioggia cessò, e nel grande silenzio improvviso, il canto del gallo parve l’annunzio di un essere misterioso venuto di lontano per mettere pace nel luogo tormentato.