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detta e non la cambio. Solo devo dire e ripetere un’altra cosa: se dopo la nascita della creatura vorrai impiccarti o, il che è peggio, andartene con quell’imbecille, padrona: di mio figlio però me ne incarico io.
— Ornella, pensaci bene.
— Dove hai le lettere del Bianchi?
— Oh, quanto la fate lunga, — esclamò lei con subito coraggio; e lasciato andare per terra il pannolino che orlava, trasse dalla sua tasca profonda due lettere ripiegate assieme, e fece atto di buttare anche queste; poi le depose sulla tavola.
— Dammi quelle lettere, — comandò Antonio con la sua voce prepotente di padrone, e quando le ebbe in mano guardò le buste: la prima era indirizzata alla villa Bianchi, la seconda ferma in posta. Dunque era stato bene informato.
— Leggi in alto, — comandò a sua volta il maestro.
Allora nella malinconica stanza dove si svolgeva quel dramma in apparenza volgare e senza colore, soffiò ancora, per opera del delinquente, del parricida, dell’«ultimo degli uomini», l’alito della poesia e degli spazi ariosi dove solo la fantasia può arrivare.
«Ornella, perdonami se mi permetto di chiamarti a nome e darti del tu: ma dalla sera che ti rividi nella mia triste casa maledetta, io parlo