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tentava di non sfiorare i mobili nemmeno con la sua vestina.

L’appartamento era affittato tutto l’anno al conte, che veniva con la famiglia per la stagione balneare, e a volte anche in primavera: il secondo piano, più modesto, con mobili semplici sebbene nuovi, e le materasse rivoltate che puzzavano di naftalina, si affittava solo l’estate.

Eppure a Ola piaceva di più, e ne aveva più confidenza; perchè era sempre ammessa e ben ricevuta nelle famiglie guarnite di bambini che di solito venivano ad abitarlo.

— Qui poi, c’è un’altra cosa! — disse al nonno spingendolo verso l’uscio del salotto.

Giusto nel salotto la luce non funzionava; ella entrò lo stesso, guidata da quella del corridoio, e si tirò appresso il nonno fino all’angolo accanto alla persiana della terrazza.

— Guarda qui, ma non toccare — disse sempre sottovoce.

Egli si piegò per veder meglio; seduta su di una poltroncina stava una bambola di pezza, vestita di azzurro: gli occhi, i capelli biondi, il naso e la bocca erano dipinti sulla tela, eppure risaltavano come veri; anzi al nonno parve che le labbra tirate un po’ in su da un lato si movessero ironicamente, e che tutta la bambola avesse qualche cosa di vivo e di malizioso.

— Ti sei spaventato? — domandò Ola can-