Pagina:Deledda - La fuga in Egitto, 1926.djvu/248


— 242 —

di Ornella, — ogni parola parve cadere a piombo e spaccarsi a terra come certi frutti duri quando la scorza è matura.

Nessuno dei due rispose: anzi Ornella piegò meglio la testa, e si sentì non più una persona ma una cosa nelle mani di lui.

Egli riprese:

— Siamo divenuti la favola del paese; tutti, a cominciare da mia moglie, sanno la verità e fingono d’ignorarla, non per rispetto ma per paura di me, dei miei pugni eh, s’intende; ma tutti ne ridono; ridono perchè sono invidiosi, s’intende anche questo, e s’io fossi un poveraccio o se mia moglie mi tormentasse non si occuperebbero di me e dei fatti miei. Le cose fortunatamente non vanno così, cioè io sono quello che sono e mia moglie è una donna prudente: ma so che soffre anche lei, che anche lei ha diritto al rispetto, non alla compassione finta e alla derisione nascosta del prossimo, e voglio che lo scandalo cessi.

— Te ne sei accorto solo adesso, di tutte queste cose? — domandò il maestro.

— Sissignore! Se me ne fossi accorto prima avrei riparato prima.

— Era meglio evitare, non riparare.

— Non si nasce coi denti. Anzi, dicono, la saggezza si acquista col cadere dei denti, quello definitivo s’intende.