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pareti stuccate e decorate di festoni di fiori e frutta; tutto di cattivo gusto, meraviglioso però agli occhi di Ola e forse anche a quelli del nonno. Ella guardava le cose, poi guardava lui, e vedendolo approvare con cenni della testa e scuotere una mano per significare: — queste sono sciccherie, sì; — stringeva i dentini per non ridere di piacere.
— Accendi, accendi, — disse piano: e lui accese. La luce elettrica rese più lustre le cose; ed ella andò su strofinandosi come un gattino alle pareti, mentre gli occhi di uccello della bambola guardavano anch’essi furtivi e meravigliati tra la frangia della capigliatura barbarica.
— Qui ci viene tutti gli anni un conte; — disse poi Ola davanti alla porta di recente verniciata del primo piano; e si strinse un po’ al nonno, con soggezione, quasi che il nobile inquilino fosse là dentro. Anche là dentro accesero la luce; e i pavimenti, le dorature, faccie di donne dipinte sulle testiere dei letti, s’animavano e si colorivano, poi allo spegnersi della luce si annerivano di nuovo e parevano nascondersi.
Ella aveva piacere di questo giuoco, e pregava il nonno di accendere e spegnere. Sebbene fosse entrata solo poche volte nell'appartamento, ne conosceva minutamente gli oggetti, e glieli indicava sottovoce; non toccava nulla però, e