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viva al maestro per farsi la barba, e si lisciò i capelli con tutte e due le mani: poi cominciò ad aggirarsi per la stanza, senza scopo, spostando e rimettendo a posto oggetti che non toccava mai, fermandosi ogni tanto davanti alla finestra, stordita come la mosca che s’illude di poter volare attraverso i vetri; infine salì sul soppalco, ridiscese subito, e il suo primo sguardo fu per la lettera.
— Bisogna che domani vada ad avvertire in casa di lui, — disse, ripiegandola e riponendola nella sua tasca profonda: e aggrottò le ciglia fingendo di essere annoiata.
Più tardi, quando fu andata a chiudere il cancello, tornò con un viso ridente e beffardo e con gli occhi scintillanti di cattiva malizia.
— Quei due mammalucchi litigano, e come! Non li ho mai sentiti così arrabbiati. C’è Gesuino che sembra un toro.
— Perchè litigano?
— Non lo so: sente? Arriva la voce fin qui. Questa sera si ammazzano.
E poichè sapeva che la causa era lei, rise, piegandosi un po’ sul fianco come dovesse stroncarsi per la sua perversa ilarità.
Dal lettuccio ove l’ombra indorata dal fuoco già stendeva il suo velo, il maestro la osservava e indovinava tutto. I due fratelli si azzuffavano per un lontano possesso di lei, e lei rideva