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La sera stessa il portalettere, che si vedeva di rado in quei paraggi, portò dai contadini, che lo fecero passare dal maestro, una lettera raccomandata per Ornella. La prese lei e la guardò bene da tutte le parti; con un gesto quasi rapace ne sbranò la busta, aprì il foglio per vedere la firma e lesse rapidamente qua e là ciò che v’era scritto; poi rilesse, lentamente, troppo lentamente, quasi non riuscisse a decifrare le parole, fermandosi di tanto in tanto come uno che studia la via da percorrere; infine disse:
— È quell’imbecille di mio cugino che fa il soldato e scrive a me perchè dice che da casa sua son due mesi che non gli scrivono più.
Lasciò la lettera sulla tavola, come non le premesse; e il maestro non domandò di leggerla e non fece osservazioni; non credette però ad una sola parola di lei. Chi le scriveva? Forse Antonio, sotto un altro nome.
Anche lei non parlò oltre; ma ogni suo movimento rivelava la sua nascosta agitazione. Anzitutto si guardò nello specchietto che ser-