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vero quelli di un gatto che aspetta gli si butti qualche cosa da mangiare. Per un attimo si fissarono, i quattro occhi verdi, con una luce di curiosità animalesca, poi ella rise e tornò l’Ornella di una volta.

Gesuino, sotto, pareva abbagliato: era venuto per vederla, e il vederla così, con quei suoi vivi colori di carne, col giallo dei capelli e il rosso delle ciliegie e del vestito, appagava pienamente la sua curiosità: il riso di lei fu poi come un laccio che lo prese al collo e gli diede un senso di soffocamento. Tuttavia il suo viso conservava un’aria severa.

— C’è il signor maestro? — domandò per significarle che non era lì per lei.

— Che non ce li avete gli occhi? È lì, dietro il pozzo.

Ella aveva messo la mano sulle ciliegie e scolava fuori della finestra l’acqua del piatto.

— Che hai intenzione di farmi piovere addosso? — egli gridò, balzando indietro. — Proprio questa intenzione?

— E tu scansati, — gridò lei con insolenza: e gli schizzò addosso le ultime goccie del piatto. Egli indietreggiava, ma sempre con gli occhi fissi in quelli di lei: e lei sosteneva con gioia conquistatrice quello sguardo affascinato. Così si fissano i gatti prima del barbarico scontro di amore.