Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 152 — |
trato nella sua dimora ricominciò la sua vita; in fondo però aspettava qualche cosa di nuovo e quest’attesa tornava a turbarlo; nel pomeriggio poi divenne angosciosa. Forse ne era causa il tempo, poichè il cielo s’era fatto scuro e i tuoni salivano dal mare agitato: lampi e lampi passavano come fiamme spinte dal vento, lambendo i vetri della finestra che pareva rabbrividissero di paura.
Anche lui, chiuso nella stanza, sentiva una paura indefinibile; il sangue gli affluiva alle ginocchia tumultuoso come una folla allo svolto di una strada troppo stretta, e un presentimento angoscioso, di qualche cosa di terribile che in quei momenti doveva accadere, lo dominava tutto.
Un tenue velo di pioggia offuscò d’improvviso il sinistro chiarore dell’aria: il vento e i lampi cessarono; gli alberi immobili parvero offrirsi all’acqua con voluttà gelosa; e l’acqua vi si fermava e diveniva una cosa stessa con le foglie.
Più forti i fulmini irruppero di nuovo; la pioggia cessò, come spaventata; e il vento si prese il gusto selvaggio di scuotere l’acqua dalle foglie; finchè un occhio di cielo s’aprì fra gli alberi, spiando quello che succedeva sulla terra: poi anche il sole sbattè via intorno a sè il mantello greve delle nuvole; e i lampi