Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 145 — |
la faccenda; adesso però aveva coscienza di quel che avveniva attorno, e poichè il cane lo guardava fisso movendo la coda dritta come un dito implorante, gli buttò uno gnocco: ma un gattino fu lesto ad afferrarselo lui.
L’altro fratello mangiava con più furberia, nascondendo il suo piacere: i suoi occhi però sorridevano ai fiaschi, e quando il maestro ebbe riempito i primi due bicchieri e nel proprio versò l’acqua che non ha colore nè consistenza, quegli occhi ebbero un luccichio fra di compassione e di gioia: compassione per l’acqua, gioia per la speranza che i fiaschi rimanessero a disposizione dei soli invitati; ma la stessa bontà del vino vinse l’egoismo.
— E lei non beve?
— Non bevo. Il medico me lo ha proibito.
Queste parole furono accolte come una truce notizia: lo stesso taciturno Gesuino sollevò la forchetta come un tridente minaccioso.
— Accidenti ai medici e alle medicine.
E così cominciarono i discorsi.
— Una volta anche a me il medico ordinò
Deledda. La fuga in Egitto. | 10 |