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mestolino imbrandito, si alzò di scatto e ricordò la posizione d’attenti di quando era soldato e passava un generale.
Sulle prime, come sempre avviene, un silenzio misterioso accompagnò il mangiare dei tre, intorno ai quali s’era riunita una coorte di non invitati, cioè il gatto e i gattini e il cane dei contadini, e le galline di casa. Questa compagnia ricordava al maestro un’altra casa, un’altra famiglia, e gli gnocchi gli sembravano duri.
Duri un poco lo erano, ma il sugo sposato al formaggio abbondante era come il vestito colorato e squisito che rende belle anche le donne mature. Lo stesso Gesuino, anzi lui più degli altri, si abbandonava alla voluttà di mandarli giù uno dopo l’altro dopo averli succhiati come confetti; e mentre la forchetta afferrava l’uno gli occhi guardavano l’altro, finchè il piatto fu vuoto; allora egli prese un pezzo di pane per finire lo sgombro, ma l’anfitrione fu pronto a rifornirlo con abbondanza.
Gesuino sospirò, di troppa felicità; riprese la forchetta con un gesto rassegnato e ricominciò