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cito ben schierato sull’asse e ricoperto dalla tenda di una salvietta aspettò che la pentola bollisse.

All’ora stabilita i due invitati arrivarono. Mentre il più anziano entrava nella dimora del maestro e offriva il suo aiuto, l’altro girò curioso e sospettoso intorno alla tavola apparecchiata di fuori sotto gli alberi, fiutando forte come per assicurarsi che non c’erano cibi avvelenati.

La rosa del prosciutto, il pane e il vino giallo, e sopratutto l’odore del sugo che usciva dalla casa lo rassicurarono. Sedette sulla panchina davanti alla tavola e trasse con forza dalla grande saccoccia interna della sua giacchetta un piccolo cacio giallino e lucido come d’avorio: lo depose con cautela accanto al piatto del prosciutto, fra le due torri panciute dei fiaschi pieni, e stette a guardare ogni cosa con l’estasi di un amatore davanti a un bel quadro di natura morta. Ma quando dalla porta della casetta vennero fuori il fratello che reggeva religiosamente fra le mani come un vaso sacro la zuppiera con gli gnocchi, e dietro il maestro col