Pagina:Deledda - La fuga in Egitto, 1926.djvu/129


— 123 —


il quale il chiarore che illuminava il guanciale parve muoversi e salire verso la parete: e il viso di lei si fece nero di ombra.

— È morta, è morta nell’anima, — pensò il maestro.

Tuttavia sentì il bisogno violento di confessarsi a lei, come appunto ad un morto da lui offeso in vita. Chiuse a sua volta gli occhi e parlò. Il suono della sua voce gli pareva oscuro eppure a volte risonante d’una nota come di oboe, tremula di pianto.

— Marga, io ero venuto qui con la speranza di passare il resto dei miei giorni con voi e forse di rinnovare la mia vita. Così una vecchia barca sgangherata, dopo tante traversie spera di rientrare in porto e di essere riattata. Ma vedo che la cosa non è possibile. La colpa forse è mia: mi accorgo ogni giorno di più che fra me e voi, fra il mio modo di pensare e di vivere e il vostro, c’è un contrasto insuperabile. E quindi io non posso che disturbarvi e, a mia volta, inquietarmi e soffrire inutilmente.

— Ti prego di non parlare, — aggiunse, poichè la sentiva agitarsi. — Altre volte ti ho detto che sei intelligente e che capisci quanto io voglio dire. Io pure so tutto di te, anche se tu taci: ricorda, Marga, quella prima sera del mio arrivo: fin d’allora ho inteso tutto ciò che di torbido si agita nella vita tua e di Antonio. Adesso, poi,