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Era una lunga stanza addossata alla villa e che un tempo doveva aver servito da rimessa o qualche cosa di simile: metà era alta fino al tetto, del quale attraverso le travi si vedevano gli embrici rossi: l’altra metà era coperta da un soppalco al quale si saliva per mezzo d’una scaletta a piuoli.

— Lassù dorme mio figlio, — spiegò la vecchia. — Ci sono pure le lenzuola, che ci furono consegnate col mobilio.

— Bel mobilio, — pensò il maestro, guardandosi intorno.

Nell’angolo sotto il soppalco il giaciglio della vecchia era ricoperto di un drappo che pareva un sacco: mucchi di vecchie patate in germoglio e di foglie secche di granone accompagnavano gli altri pochi mobili luridi e sciancati che testimoniavano essere quella un’abitazione di cristiani. Le pareti, poi, grezze affumicate, avrebbero ricordato le cucine primitive dei contadini benestanti, senza la sporcizia, il disordine e il tanfo di stalla che davano a tutto l’ambiente un colore inumano: solo compenso a tanta miseria