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Passavano i giorni e Ornella era sempre in casa, più che mai taciturna e paziente ai rimproveri ingiusti ed esasperanti di Marga. Anche l’umore di Antonio si offuscava, e neppure il vino ambrato delle bottiglie vecchie riusciva a rischiararlo: del resto egli stava sempre fuori di casa e rientrava accigliato come se gli affari gli andassero male: appena mangiato e bevuto usciva di nuovo.

Un giorno tornò con un celebre medico, che aveva il viso barbuto e misterioso di un mago: era il giorno della febbre, e Marga si rassegnò alla visita, ma non rispondeva a tono, alle domande dello scienziato, e quando questi dichiarò che bisognava farle cambiare aria e ambiente e condurla in collina o possibilmente in montagna, volse il viso sul guanciale e chiuse gli occhi, stanca e ostile.

Quando furono di là, nella saletta da pranzo, il grande dottore disse che il caso apparentemente strano era invece semplicissimo: si trattava di antiche febbri di malaria aggravate da una morbosa suggestione d’isterismo.