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due uomini, a tradimento, ribaltandoli in uno stesso abisso di vergogna e di terrore.
Il maestro disse con voce sorda:
— Dunque lo riconosci che fai del male?
— Lo riconosco. Ma non sono io solo. Molti sono peggiori di me.
— Tutti siamo impastati di bene e di male, ma quest’ultimo bisogna vincerlo, Antonio. L’acciaio che è l’acciaio viene temprato e ridotto a spada, da chi vuol vincere il nemico.
Antonio rimaneva in piedi, come un servo che aspetta ordini, tormentando con crudeltà, quasi fosse un aminale vivo, il suo cappello di feltro. Disse infine:
— Mi dica lei che cosa devo fare.
— Devi far andar via immediatamente di casa la ragazza, e provvedere poi a lei e alla creatura.
— E poi? — insistè Antonio con tristezza.
— Dio poi ti aiuterà, se hai buone intenzioni, — disse il maestro; ma un senso di smarrimento invase anche lui al pensiero del poi.
E questa nebbia non lo lasciò più: sentiva che Antonio, pur mostrandosi remissivo, gli sfuggiva, gli scivolava di mano come un gatto che per quanto in apparenza docile non può rinunziare ai suoi istinti selvaggi.