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dei calzoni e lo ha condotto fino al cancello; senza dubbio voleva che ce ne andassimo. Ieri è morto, e mio figlio ha pianto; poi lo ha seppellito in fondo al campo: ed oggi è andato a cercare un suo amico per chiedergli se vuole sostituirlo nella custodia della casa.

Il maestro sollevò vivacemente la testa.

— Perchè non lo cercate qui, il custode?

— E me lo trovi lei. Neppure il cane da sostituire si trova, in questo paese di ebrei.

Egli piegò di nuovo la testa. Conosceva poco il paese, ma sapeva che tutti lavoravano, in mare e in terra, padroni di barche da pesca e piccoli e grandi proprietari; tutti guadagnavano, forse davvero un po’ troppo attaccati ai denari come i mercanti israeliti; e anche il più povero si sarebbe vergognato a fare semplicemente il custode di una casa sotto sequestro.

— E anche laggiù non è facile, — aggiunse la vecchia accennando ad un luogo lontano, — la gente non ama stare in casa altrui, in paese altrui.

— Ed ha ragione, — disse l’altro, senza sollevare la testa: e parve non darle più retta, immerso a fondo nei suoi pensieri, che erano ingarbugliati e strani come i discorsi di lei, ma a poco a poco prendevano forma, si riunivano e si schiarivano in uno solo.

— Che c’è da fare, per la custodia? — domandò finalmente.