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palpebre grevi s’alzano, come sollevate da quello sguardo di uomo: egli, certo, non sa chi ella sia, e se la fissa così è forse perchè gli piace: oltrepassato il villino, egli infatti si volge ancora a guardarla, infine si allontana piano piano, a malincuore. Ma quando non lo vede più, la donna torna a sogghignare di sè stessa; e pensa ancora che il suo corpo è vicino a sfarsi come il frutto troppo maturo, e che il crepuscolo grigio della vita le ha già afferrato i capelli.

E l’altra che non rientra? Un cattivo impeto di rancore, quasi di odio, la rianima di nuovo. Ha l’impressione che la giovine le rubi qualche cosa, che s’abbia preso troppa parte del bene della vita: o almeno che esista uno squilibrio ingiusto fra lei che non ha nulla e l’altra che ha tutto. E pensa infine all’affare della collana, poichè da lungo tempo sa che è questa la sola catena che le unisce.

Allora sogghigna una terza volta; poi si rattrista della sua diffidenza: ecco, è la tazza velenosa alla quale ha sempre bevuto.