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vido scuro, pare impedir loro ancora di rivelarsi sino in fondo.

Egli si volge nuovamente di profilo, si adagia bene sulla panchina, accavalla le gambe agili tirandosi sulle ginocchia i pantaloni che lasciano vedere le calze di seta grigia, e comincia a parlare con una voce pacata e fredda, che solo di tratto in tratto, quando egli si dimentica di dominarla, prende un tono caldo, come un viso pallido che arrossisce.

— Le parlerò subito di me: il mio nome lo sa, e anche il mio titolo, al quale dico sinceramente di tenere come si tiene alla propria fisonomia e al proprio carattere. Sono aristocratico per natura, se con ciò s’intende dire che mi piacciono le cose belle, fini; e l’ordine, intorno a me, il silenzio, la pulizia e lo spazio. La mia camera può essere anche nuda, ma grande, con un quadro, o un piccolo oggetto d’arte, sia pure la mia lampada, che faccia compagnia al mio spirito. E non mi importa di partecipare alla vita cosiddetta brillante, per quanto il suo lusso, il movimento e il colore