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chia, dopo averle detto: — qui è l’acqua; adesso le porterò il caffè, — l’ebbe lasciata sola, in quella grande camera alta e nuda arredata solo di un piccolo letto e di un cassettone gobbo con uno specchio incrinato, nonostante la grande luce e l’alito tiepido che entravano dalla vetrata aperta sulla loggia, rabbrividì di freddo, di paura, come l’avessero chiusa lì per forza e condannata a rimaner sempre in quella desolata solitudine.

Ma d’un tratto, prima ancora che la vecchia ricomparisse, un suono strano richiamò la sua attenzione. Nel grande silenzio sembrava lì, nella camera stessa, ed era come un lieve accordo di violino, a brevi intervalli; poi le parve il lamento di un piccolo animale ch’ella non conosceva; infine riconobbe il vagito di un neonato.

Doveva essere la bambina, nella camera attigua; il tentativo della sua voce nuova,