Pagina:Deledda - La danza della collana, 1924.djvu/174


— 164 —

e voglio vivere nella verità. Sarò pazza e stravagante, come mi dice lui un po’ per celia e molto sul serio; ma è necessario che sia così. La finzione non deve più esistere per me: accada quel che deve accadere, ma io voglio camminare in una strada diritta e chiara.

L’altra chinò lievemente la testa: ricordava le parole dell’uomo che le era passato accanto toccandola col fiore della speranza: ma che cosa rispondere adesso a quest’altra illusa, che senza saperlo recitava anche lei la commedia della sincerità? Non c’era che da sorridere ancora, di beffe e di amarezza: eppure non lo fece.

— Tuo marito è buono? — domandò con voce soffocata.

— È l’uomo più buono del mondo. Ed io, ripeto, sono felice: eppure soffro; ho paura che la creatura che è dentro di me debba scontare questa mia felicità che non mi è dovuta.

— Ma smettila, — disse l’altra, fra turbata e ironica; — si vede che non hai davvero pensieri, se ti trastulli con queste sciocchezze.