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risposto a una sua lettera, non alle mie ultime cartoline: più nulla, più nulla.
Ella parlava con voce monotona, senza rancore nè tristezza, ma con l’accento opaco di chi è rassegnato a tutto. E l’altra la guardava con un istinto di gioia perversa: quella sposa bella ed elegante, già coperta di un precoce mantello di pelliccia dorata, non era felice.
— Aspettavo di giorno in giorno il vostro ritorno, — disse, pacatamente. — Ogni tua cartolina lo annunziava. Sono stata poco bene anch’io; non sono più uscita, non ho più veduto nessuno: cosa dovevo scrivervi?
— Potevi offrirci ospitalità, per questi pochi giorni, — riprese l’altra senza badare al peso delle sue parole. — All’albergo si spende enormemente, e si sta male. Tutti questi giorni, poi, Giovanni è come fuori di sè per l’arredamento della casa. Ha visitato, credo, tutti i magazzini di mobili e tutti gli antiquari. Oggi ha comprato dieci cuscini ricamati e dipinti, e me li ha portati tutti in camera. Mi è parso di soffocare. Ha comprato anche quadri di valore.