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solo qualche cartolina vaglia; finchè ai primi d’inverno lo si vedeva ricomparire com’era partito, con gli stessi abiti, il fagotto legato all’ombrello, e dentro il fagotto un fazzoletto annodato, col grosso guadagno.

«Non parlava mai dei suoi affari, non raccontava nulla della sua vita in città; era come risucchiato dal lavoro, e pareva pensasse a qualche cosa di grave, di lontano. Con le dita e con la penna faceva sempre addizioni e calcoli.

«D’inverno lavorava in paese; costrusse una chiesa, e la parrocchia nuova, tutto su disegno suo, e fabbricò una casetta per noi. Ma un inverno non tornò: scrisse che aveva un grande lavoro da eseguire, tutto uno stabile preso da lui a cottimo: poi non scrisse più. Fu un inverno triste, per noi; sepolte sotto la neve. Le pecore le avevamo come gli altri anni affidate a un parente pastore disceso a svernare in pianura; io restavo in casa a vegliare la mamma.

«La mamma, che al ritorno del babbo ogni anno si ravvivava come le piante al ritorno della buona stagione, quell’inverno

     Deledda. La danza della collana. 10