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fletteva il suo viso come uno specchio, un viso demoniaco, d’una tristezza sinistra, che pareva si affacciasse all’apertura di un luogo misterioso ov’ella era condannata a guardare un tesoro maledetto.

Aprì e tirò giù la lastra che si fece mensola; e su questa trasse dall’interno della nicchia simile ai loculi dei cimiteri sotterranei, una cassetta di zinco: con la più piccola delle tre chiavi chiuse nell’anello aprì questa piccola bara, e dentro apparve il tesoro: carta e carta. Ma scostando i plichi legati con nastrini bianchi le sue dita pescarono dal fondo della cassetta un astuccio di cuoio, e ne fecero scattare la molla. E un chiarore d’aurora brillò fra tutto quel bianco sepolcrale: sul raso rosso dell’astuccio spalancato i grani della collana ridevano come denti nella bocca di un bambino.