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cielo: e da questa montagna di costruzioni che dà all’aria umidiccia un sapore di calce e di ragia, scendono i fiumi delle strade ancora non terminate; fiumi di selci arginati dai marciapiedi di granito, che solcano i prati ancora nudi e vanno a perdersi fra i canneti e le ginepraie della campagna.

Un uomo, sceso anche lui dalla città lungo queste strade, s’è fermato appunto al principio di un prato, dove finiscono le case di un quartiere nuovo, e osserva l’ultimo dei villini, alquanto distaccato dagli altri e che pure non ha l’aria di esser costruito di recente.

È un villino a due piani: non ha giardino, solo un ampio terreno a fianco, cinto di un reticolato di ferro: sulla facciata grigia granulosa le persiane verdi sono chiuse: pure chiuso il portoncino lucido di coppale rifugiato sull’alto di due scalini di marmo, e le cui grosse borchie d’ottone e la targhetta ovale col nome del proprietario brillano come d’oro.

Solo al piano superiore una finestra è