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— Non piangere adesso, eh?

Ella si sollevò subito: non piangeva, ma il suo viso sofferente aveva l’espressione di chi torce e spezza con crudeltà il proprio dolore.

— Così va bene, — egli disse, conducendola verso il divano dove il giorno prima stava seduta l’altra: sedette accanto a lei e domandò sottovoce: — la zia dov’è?

Pareva avesse paura della zia, come la fidanzata aveva paura di lui; e questo li rianimò e li riavvicinò con un senso di complicità amichevole.

— Non so, è di là; adesso verrà, — ella disse sottovoce e in fretta, guardando l’uscio spalancato del salotto. Attese qualche momento, spiando se qualcuno poteva sentirla, poi riprese sullo stesso tono di prima: — la zia è sdegnata, molto sdegnata con me. Ha ragione. Ed io non ho chiuso occhio in tutta la notte. Mi sono anche alzata, sono venuta qui: mi pareva ci fossi rimasto tu, per chiedermi spiegazioni. E abbiamo avuto un colloquio: tu lo hai sentito, vero, lo hai sentito?