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vento, con un vero abbandono di riposo. Era, sì, come il ramo caduto sull’erba, stroncato dal vento o dal potatore, non morto, anzi pronto a germogliare di nuovo, se la terra lo riprende: e Concezione, in quel giorno di acerba primavera, sentiva anche lei qualche cosa di simile. Sette piattini fondi, dove ella aveva fatto germogliare nell’acqua un po’ di grano, furono collocati, come diadema di rinascita, intorno alla testa del Cristo: era bianco, il grano, e odorava di amido: come simbolo poteva andare, ma sarebbe stato troppo melanconico, quasi innaturale, come i capelli dei neonati, cresciuti nel buio delle viscere materne, se in sette bicchieri di vetro, uno diverso dall’altro, non avessero riprodotto i colori dell’arcobaleno i primi fiori dell’orto e quelli del ciglione sopra la valle: viole, narcisi, violacciocche, margherite bianche e arancione, e pervinche nel colore cielo di marzo. Stretti e lunghi erano i mazzolini; e pareva si sorridessero, infantili, al di sopra dei pallidi ciuffi del grano, illuminando l’aria coi loro colori.

Quando ebbe finito, Concezione s’inginocchiò sul lembo rimasto libero del tappeto, piegandosi a baciare i piedi di Nostro Signore: e le parve che il freddo di quelle dita stanche non fosse il freddo della morte, ma