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nosciuto mia madre, poiché da ragazza era stata anche lei nelle risaie; non solo, ma disse di avere conosciuto l’uomo che secondo lei, aveva ingannato e poi abbandonato mia madre. Un signore, diceva, uno di quelli che ispezionavano i lavori della risaia. Io pensavo sempre a questo mio padre ignoto e mascalzone; mia madre non me ne aveva mai parlato, neppure in punto di morte, e io credevo di essere orfano; adesso la mia fantasia si accese; e fu questa illusione che mi decise ad abbandonare l’arrotino e apprendere il mestiere del manovale. Furono tempi duri anche quelli: per quante ricerche mi fu possibile di fare, non riuscii a saper nulla di mio padre; finita la costruzione della casa, trovai qualche cosa da fare nei lavori dell’argine; e poi un operaio mi portò con sé per la costruzione di una strada ferrata: poco anche lui mi dava; appresi però il mestiere, specialmente per i lavori dei ponti e delle scarpate, e come suol dirsi, mi arrangiai. Adesso sono qui: poi andrò forse laggiù, in America. Secondo... Del resto, la mia storia ve l’avevo già raccontata. Non è vergogna essere figlio di nessuno: si vive delle proprie opere; e io non mi faccio illusioni.

Pareva che egli tenesse molto a insistere sul passato di sua madre e la sua vita ran-