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E nominò i Giordano, lo scemo, Aroldo, il dottore, e, infine, scoppiando a ridere, il signor Calogero.

— Ma vada, ma vada, — dice Concezione, presa anche lei da una improvvisa allegria. — È un grande burlone, lei, e mi fa meraviglia che lo abbiano messo a quel posto.

Allora egli si sollevò, fiero, austero, sporgendo il petto che pareva imbottito; i suoi baffi si drizzarono, come quelli di un gatto arrabbiato. La sua voce gorgogliante parve quella di un torrente.

— Nessuno al mondo sa stare al suo posto come io al posto mio. E ringrazi il cielo, che lei sia stata a dirmi queste parole mentre io indosso questi panni. Capito?

Impaurita, ella chinò la testa, decisa a non più parlare con confidenza: non domandò scusa, e questo forse piacque al bravo uomo, sembrandogli che le avesse impartito una lezione di dignità. Il discorso però prese un altro tono: egli tornò ad essere l’inquisitore, e insisté s’ella veramente non avesse saputo nulla di Aroldo.

— Nulla.

— E sa chi ha messo in giro la voce che il signor Aroldo fa la vita del bandito?

— Non lo so.