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un asino che è. Tocca a me, adesso, tribolare, spendere, perdere il sonno e la salute.

Concezione fu per dirle «bene vi sta», ma rassicurata dall’accento stizzoso e non dolente della donna, che in fondo forse aveva piacere di darsi da fare con gli avvocati e i giudici, pensava che lo scemo doveva essere senza dubbio innocente e le cose si sarebbero appianate presto. Si ribellò dopo, alle pretese di comare Maria Giuseppa, che voleva essere accompagnata da lei, da Concezione in persona, presso l’avvocato, per affermare l’innocenza di Costante.

— Ma voi siete matta. Io non so nulla, e abbastanza ho avuto ed ho noie per questo affare.

— E allora ti conduco qui l’avvocato. Tu devi assolutamente parlargli, tu devi salvare uno che è in pericolo di morte per te. Tu sei la causa di tutto, e non ti devi sottrarre alla tua responsabilità.

Questa era la logica di comare Maria Giuseppa. Ella tirò fuori anche gli articoli del Codice penale contro i subdoli istigatori di reati, le testimonianze reticenti, i taciti incoraggiamenti a mal fare; e dopo altre insistenze, minacce e pugni sulla tavola, andò via pestando i piedi e promettendo di ritornare con l’avvocato e, occorrendo, con svelti testimoni.