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lucida e innocua allucinazione, le pareva che quei due finissero col questionare. Aroldo, il mite, accusava il violento suo predecessore di aver rovinato Concezione con le sue prepotenze, la sua sensualità, l’offesa alle leggi umane e divine; l’altro ribatteva:

— E tu l’hai rovinata peggio di me con le tue minchionerie.

Ella si scuoteva, tentando di ridere di se stessa e delle sue fantasticherie: perché, in fondo, non le mancava un certo umano senso di attesa, di cambiamento di situazione, di un fatto, insomma, che dovesse smuovere quella calma gelida e paludosa che le stagnava intorno: quell’istinto di attesa che non manca neppure ai vecchi e ai malati; e invano pensava che se la vita dovesse cambiare anche per lei, non poteva che cambiare in peggio: la speranza le luceva in fondo al cuore, come un gioiello, se pur rubato, nascosto in fondo a un pozzo.

Ed ecco un giorno arriva comare Maria Giuseppa, con un viso scuro e torvo come la giornata d’inverno: non ha dimenticato di riempire la bisaccia, ma questa volta non la scarica in casa delle ospiti; e neppure fa entrare il cavallo nell’orto assiderato, lasciandolo fuori del cancello, quasi per subito ripartire. Deve avere qualche grossa causa da