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che lo hanno fatto sparire come una nuvola al tramonto.
— Ma chi, ma chi, per amor di Dio? Lo dica, dottore lei è con me come quei vampiri d’America!
— Magari! Mi rifarei davvero il sangue, se tu mi lasciassi succhiare la tua dolce nuca. Perché tu, amica mia, tu il sangue ce l’hai, e caldo, bollente, sebbene tu finga il contrario. Beato chi riuscirà a succhiartene solo una stilla dalle labbra.
E tendeva la mano tremula, con quelle sanguisughe delle vene, simili a quelle che un tempo egli applicava ai malati; ma Concezione era lesta a scostarsi, con ripugnanza indicibile, e aveva più paura di lui che di tutti gli altri suoi spasimanti messi assieme. Eppure, come i bambini nelle sere tristi d’inverno, rabbrividiva di piacere angoscioso quando egli riprendeva a raccontare le storie del passaggio sotterraneo, e concludeva, ma scherzando, che anche Aroldo era stato attirato là dentro e forse vi stava ancora, con la sua chitarra, come un uccello in gabbia.
Allora ella protestava; tuttavia ripetendo con dolore la sua vana domanda:
— Ma chi? Ma chi può essere stato?
— Tu lo sai meglio di me, capricciosetta.
— Lasci gli scherzi, dottore. E mi faccia il