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Giustina ha chiuso la porta, e poi va ad aiutare Concezione a rifare il grande letto. D’un tratto si sente bussare: colpi discreti ma insistenti, finché Concezione non va ad aprire, allarmata, e spalanca gli occhi nel vedere un personaggio impressionante. Ha una divisa scura, con strisce rosse, un berretto analogo, a visiera; il viso è piacevole, quasi bello, paffuto, roseo e fresco, tagliato però da due baffoni, neri come code di gatto nero irritato; sembrano appiccicati sotto il naso corto per far paura alla gente. Gli occhi neri e grandi, volontariamente corrucciati, accrescono questa impressione. Nel vedere l’effetto inevitabile sul viso pallido di Concezione, fece una smorfia, ma per nascondere un sorrisino di beffa; e si presentò, parlando con voce cadenzata che pareva anch’essa burlesca.

— Sono il brigadiere dei carabinieri: avrei bisogno di una informazione.

Ella era incerta se farlo entrare o no, quando sopraggiunse la madre che capì subito di che si trattava, e parlò in punta di forchetta:

— Entri, la prego; vossignoria si accomodi; scusi la povertà del luogo.

— Ecco, — egli dice, entrando, ma non accomodandosi, né badando alla povertà del luogo, — si vorrebbero avere notizie di un certo Aroldo Aroldi, operaio dell’impresa stradale.