sgranava il suo rosario. Concezione no, non aveva più voglia di pregare: le pareva che non avesse più nulla da chiedere: e non sapeva più le preghiere: le bastava scaldarsi al fianco della madre, come nelle notti lontane dell’infanzia, quando tutto il suo mondo era quel fianco onesto e protettore. Che ci vuole, per vivere? Tanto poco: un alito, una parola buona, un odore di orto, la speranza, anche senza stare a chiederlo e richiederlo con parole indifferenti, del Regno di Dio, che un giorno o l’altro, sia pure con la pace della morte, deve pur venire. Ed ella s’immaginava questo Regno come un orto sempre fresco, sempre tiepido, senza zanzare; una panchina, contro un muro illuminato dalla luna, lo spirito della madre accanto al suo, per l’eternità. Tentava d’immaginare anche la presenza del padre; ma non le riusciva: gli spiriti degli altri avi più lontani ancora, sebbene ella li assolvesse dei loro presunti delitti. Ed ecco, invece, d’un tratto, pare che le anime disperate degli avi birbanti tornino in questa terra a smuovere la pace delle due donne innocenti. E una mattina torrida, afosa, con un cielo velato come di una garza medicinale: soffi infernali di scirocco portano polvere e avanzi di stoppie bruciate fino allo spiazzo della casa. Per salvarsi da tutta quest’immondezza,