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anime innocenti: e il povero mio ragazzo si rode, è geloso, è furibondo, sebbene non lo dimostri: ma se gli capita sottomano il forestiero lo ammazza come una pulce.

Il povero innocente, che aveva orecchie da volpe, rallentò anche lui il passo, strinse i pugni, cominciò a tremare. D’un tratto si fermò, si volse a Serafino, e, con gli occhi rossi d’ira, portandosi un pugno alla fronte, mugolò:

— O Maria o pumh!

Questa volta la zia non rise; mentre Serafino prendeva a forza l’altro pugno di Costante: e lo tenne fra le sue mani come un pomo duro. Invano lo scemo cercò di liberarsi: il pretino non mollava. Misurandosi col gigante disse:

— In nome di Dio, fanciullo, manda via da te la tentazione.

Colta da un brivido la donna si fece il segno della croce: e fu davvero come uno scongiuro, come l’esorcismo di un indemoniato. Costante lasciò cadere l’altro pugno, si afflosciò: il suo viso bellissimo parve quello di un angelo ribelle perdonato da Dio.