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fletteva tutto il folgorante mistero dell’universo.

— Forse non ha mangiato da due giorni, — pensò Concezione, e gli andò incontro, lo fece entrare, gli portò fuori una sedia buona.

— Come va, come va? — egli diceva, fissandola tra beato e triste, come prima aveva fissato la goccia di rugiada. Tutto era ancora meraviglia per lui in questo mondo; la stessa meraviglia del bambino che osserva per la prima volta le cose ma non sa spiegarsele; che vorrebbe toccarle col dito e non osa per paura, non di distruggerle, ma di esserne punto: per questo avevano cacciato via il flebotomo dalla comunità degli uomini di vera scienza, per i quali non esistono misteri. Ed egli errava ancora, per il sentiero della vita, come un fanciullo scappato di casa per paura del castigo, ma felice di vagabondare senza far niente. Anche a costo di soffrire la fame.

— Come sta, signor dottore? — insiste Concezione, e nel vedere che la piccola testa di lui si muove come quella di un uccellino implume che aspetta il mangime, pensa che cosa può offrirgli, senza offenderne la dignità; vino no, a quell’ora, caffè era troppo poco: allora ricordò che aveva del cacao, e biscotti ben grossi: e aspettò il momento opportuno per preparargli una buona tazza di ciocco-