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Il viso scarno ma pulito dell’uomo, i suoi occhi azzurri, infossati e smorti, la piega amara delle sue labbra grigie, persino il vestito che ricordava l’antica dignità, le destarono una pietà profonda. Non seppe perché, pensò ad Aroldo vecchio; ad Aroldo logorato da una vita di fatica, di errori, di vizi; di quei vizi che, una volta preso possesso di un uomo, lo marciscono fino alle ossa: e l’inquietudine che già dal giorno avanti la rodeva, scoppiò in tenerezza e carità.
— Senta, — disse, sapendo di fare una doppia elemosina; — io avevo proprio bisogno di lei, pensavo a lei, anche ieri. Sono stata, forse lei lo sa, venti giorni all’ospedale, per una operazione: non le parlerò di questa, poiché tutto è andato bene, grazie a Dio; ma mi è rimasta una gran debolezza, e non so come curarla. All’ospedale non voglio più tornare, no: mi è rimasto in odio. Ma lei può ordinarmi qualche cosa, dottore: se non vuole che le compensi le visite, le farò un regaluccio.
— Niente, niente, — egli disse, con fierezza, battendo il bastone sulla pietra del focolare. — Fammi sentire il polso.
Il polso batteva regolare; l’aspetto di lei era abbastanza buono: egli la guardò negli occhi, e una scintilla s’accese nei suoi.