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Di nuovo rigida e ostile, Concezione si era alzata e guardava la roba del canestro, accanto al quale la donna stava piegata in adorazione.
— Vedi quanto bene di Dio? Burro, formaggio, uova, pizze e salami: roba solida, figlia mia: e poiché sono venuta col cavallo di San Francesco, ti dico, figlia cara, che il mio collo si risente del peso del canestro.
— E perché non vi ha dato uno dei suoi cavalli, comare Maria Giuseppa? — domandò Serafino.
La donna lo guardò male: non era convinta che la visita di un pretino, a quell’ora, a una bella ragazza come Concezione, fosse del tutto innocente.
— Mi piace camminare col cavallo di San Francesco — disse, — ognuno ha i suoi gusti.
— Ma questa roba è troppa per me — protestò Concezione. — Si può aprire un negozio.
— O dare un pranzo ai poveri — aggiunse serio il prete.
— E poi, come sdebitarmi? Io non ho proprio nulla da poter mandare a comare Maria Giuseppa.
— Tu sai bene il modo di ricambiarla, — disse la donna, guardandola di sotto in su con un cenno di intesa. — Basta un tuo saluto.